Cass. 13 gennaio 2023, n. 952 in relazione a mantenimento e tenore di vita: il fatto
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1. Il Tribunale di Napoli, dopo aver pronunziato, con sentenza non definitiva n. 3032/2017 del 14 marzo 2017, la separazione dei coniugi B.B. e XXX, con sentenza definitiva n. 7046/2019 disponeva che quest'ultimo corrispondesse al coniuge separato un assegno di mantenimento di euro 800 e nel contempo contribuisse al mantenimento del figlio minore C.C., affidato in maniera condivisa ad entrambi i genitori ma con residenza privilegiata presso la madre, nella misura di Euro 1.600 mensili.
2. La Corte d'appello di Napoli, a seguito dell'impugnazione presentata in via principale dal XXX e in via incidentale dalla B.B., stabiliva - fra l'altro e per quanto qui di interesse - che l'appellante principale ver Sas se al coniuge separato un assegno di mantenimento di Euro 300 mensili, onde consentire a quest'ultima di conservare il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, quando la B.B. aveva avuto la possibilità di soggiornare, durante il periodo estivo, in (Omissis), in un appartamento nell'esclusiva disponibilità del marito.
Riteneva che la nascita di altri due figli non costituisse circostanza sufficiente a diminuire l'entità dell'assegno che il XXX doveva versare per il mantenimento di C.C., in assenza della dimostrazione che le ulteriori spese per il mantenimento dei più giovani discendenti gravassero esclusivamente su di lui.
Reputava che la cancellazione del XXX dall'albo degli Avvocati, essendo stata frutto di una scelta volontaria, non potesse essere valutata ai fini della riduzione dell'assegno di mantenimento.
Riduceva, infine, l'entità dell'assegno dovuto a Euro 1.200 per i soli mesi di luglio ed agosto, poichè in questo periodo il figlio passava la metà esatta del tempo con il padre, il quale provvedeva direttamente al suo mantenimento.
3. Per la cassazione di questa sentenza, pubblicata in data 10 luglio 2020, ha proposto ricorso XXX prospettando quattro motivi di doglianza.
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Mantenimento e tenore di vita: la motivazione di Cass. 13 gennaio 2023, n. 952
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Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 156 c.c.: la Corte di merito, nel riconoscere alla B.B. un assegno di mantenimento al fine di sopperire alla perdita della possibilità di soggiornare a (Omissis) nel periodo estivo, ha ritenuto che ogni singola condizione del precedente menage familiare debba essere mantenuta e garantita, addirittura matematicamente; al contrario l'assegno di mantenimento - in tesi di parte ricorrente - non serve a compensare pro quota una mancata disponibilità o una specifica esigenza, ma ad impedire, tendenzialmente, lo scivolamento verso contesti socio-economico deteriori rispetto a quello di cui il coniuge godeva in costanza di matrimonio.
6. Il motivo è fondato.
Poichè la separazione personale presuppone la permanenza del vincolo coniugale, i "redditi adeguati" a cui va rapportato, ai sensi dell'art. 156 c.c., comma 1, l'assegno di mantenimento a favore del coniuge sono quelli necessari a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, essendo ancora attuale il dovere di assistenza materiale, che non presenta alcuna incompatibilità con tale situazione temporanea (Cass. 12196/2017).
Pertanto, condizioni per il sorgere del diritto al mantenimento in favore del coniuge cui non sia addebitabile la separazione sono la non titolarità di adeguati redditi propri, ossia di redditi che gli permettano di mantenere un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio, e la sussistenza di una disparità economica tra le parti, occorrendo avere riguardo, al fine della valutazione dell'adeguatezza dei redditi del coniuge che chiede l'assegno, al parametro di riferimento costituito dalle potenzialità economiche complessive dei coniugi durante il matrimonio, quale elemento condizionante la qualità delle esigenze e l'entità delle aspettative del medesimo richiedente. Nell'ambito dello svolgimento di un simile accertamento è necessario, tuttavia, non confondere il tenore di vita con la fruizione diretta di particolari beni.
E' indubbiamente vero che la separazione può determinare (e normalmente determina) la cessazione di una serie di benefici e di consuetudini di vita, strettamente collegati alla posizione patrimoniale, reddituale, professionale e sociale dell'uno o dell'altro coniuge, che non sono riproducibili durante la separazione, cosicchè il venir meno della possibilità di godere di singoli beni appartenenti a uno dei coniugi costituisce la fisiologica conseguenza della scelta di questi ultimi di dividere le loro sorti.
Ciò nonostante, il riconoscimento di un assegno di mantenimento deve avvenire considerando, piuttosto che la cessazione del godimento diretto di particolari beni, il generale tenore di vita goduto in costanza della convivenza, da identificarsi avendo riguardo allo standard di vita reso oggettivamente possibile dal complesso delle risorse economiche dei coniugi e tenendo conto, quindi, di tutte le potenzialità derivanti dalla titolarità del patrimonio in termini di redditività, di capacità di spesa, di garanzie di elevato benessere e di fondate aspettative per il futuro (cfr. Cass. 20638/2004, Cass. 5061/2006).
L'errore della Corte territoriale consiste perciò nell'aver fatto riferimento, ai fini della spettanza e della quantificazione dell'assegno, a un concetto di stile di vita ancorato alla cessazione della concreta fruizione di uno specifico bene (l'appartamento in (Omissis) appartenente al marito), come se l'assegno di mantenimento dovesse indennizzare il venir meno di una simile disponibilità, omettendo invece di considerare, come una corretta lettura dell'art. 156 c.c. imponeva, tutte le potenzialità derivanti dalla complessiva situazione patrimoniale dei coniugi, nei termini appena descritti, al fine di verificare poi la necessità di garantire alla richiedente, ove consentito dalle capacità economiche dell'altro coniuge, la continuazione del complessivo standard di vita mantenuto in precedenza.
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