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Pensione di reversibilità e divorzio

20 dicembre 2024

Pensione reversibilità coniuge divorziato: capire se spetta la pensione alla moglie divorziata o in generale al coniuge in caso di morte del partner e in che modo l’INPS riconosce la pensione reversibilità al coniuge divorziato non è sempre semplice.

Questo articolo analizza i requisiti per ottenere la pensione reversibilità da parte del coniuge divorziato e risponde a una serie di domande comuni: è possibile la reversibilità senza assegno mantenimento o un assegno divorzile? Cosa accade al coniuge divorziato se vi è un nuovo coniuge? Come si fa il calcolo e cosa spetta alla moglie divorziata in caso di morte del marito?

Pensione di reversibilità e divorzio
Pensione di reversibilità e divorzio

Divorzio e pensione di reversibilità: differenze con pensione indiretta

Innanzitutto definiamo cosa si intende per pensioni ai superstiti. Si tratta di un assegno che l’INPS riconosce ai componenti della famiglia del soggetto venuto a mancare. Generalmente, può essere di due tipi differenti, a seconda che il soggetto deceduto fosse già pensionato o avesse contratto un’assicurazione sulla vita. Nel primo caso si parla di pensione di reversibilità, nel secondo invece, di indiretta.

La reversibilità va al coniuge del soggetto defunto e l’importo viene calcolato in modo proporzionale alla cifra che veniva percepita da quest’ultimo. Invece, la pensione indiretta può essere attribuita al coniuge laddove l’assicurato abbia già maturato quindici anni di anzianità assicurativa e contributiva oppure anche soli cinque anni di anzianità assicurativa e contributiva di cui almeno 3 anni nel quinquennio precedente la data del decesso.

INPS pensione reversibilità coniuge divorziato: quando spetta?

Concentrandoci in questa sede sulle pensioni di reversibilità, possiamo evidenziare che la stessa a certe condizioni può spettare anche all’ex coniuge dopo il divorzio.

Infatti, nel caso in cui sussistano particolari condizioni previste dalla legge sul divorzio, la pensione di reversibilità può spettare anche all’ex coniuge divorziato.

Le condizioni sono le seguenti:

  • il coniuge divorziato riceve dall’ex coniuge defunto l’assegno divorzile periodico. Qualora non dovesse ricevere tale assegno o lo abbia percepito in forma Una Tantum, e quindi in un’unica soluzione, la reversibilità non gli spetta;
  • l’ex coniuge in vita si è sposato di nuovo. Se dovesse convivere con il nuovo partner, il coniuge divorziato avrebbe diritto alla pensione di reversibilità;
  • rapporto lavorativo: la sentenza di divorzio è successiva al rapporto di lavoro che ha permesso la pensione all’altro coniuge deceduto.

Approfondiamo i requisiti

La reversibilità, normalmente destinata al coniuge superstite in caso di morte del partner, può essere riconosciuta anche all’ex coniuge dopo il divorzio, purché vengano rispettate alcune condizioni precise. Il principio di fondo è che l’ex coniuge, già destinatario di un sostegno economico in vita (come l’assegno divorzile periodico), continui a godere di una tutela di tipo previdenziale anche dopo il decesso dell’ex coniuge obbligato. Al contrario, se l’assegno divorzile era stato liquidato “una tantum”, cioè in un’unica soluzione e non come rendita periodica, viene meno il presupposto solidaristico che giustifica la prosecuzione del sostegno nella forma della reversibilità.

Il riconoscimento della pensione di reversibilità all’ex coniuge dipende dunque dall’esistenza del diritto all’assegno divorzile periodico, ma non solo. Un altro aspetto rilevante riguarda la vita successiva al divorzio: anche se l’ex coniuge ha instaurato una nuova convivenza, ciò non esclude automaticamente il diritto alla reversibilità, purché vi fosse l’assegno divorzile. Il legislatore e la giurisprudenza hanno così inteso evitare che la formazione di una nuova famiglia di fatto privi l’ex coniuge di una tutela previdenziale già maturata.

Infine, è necessario che la sentenza di divorzio sia intervenuta dopo il rapporto di lavoro che ha generato la pensione del defunto. In altre parole, il rapporto assicurativo dal quale deriva la prestazione deve essere stato in essere durante il matrimonio, così da legittimare, anche sotto il profilo temporale e contributivo, la continuità del sostegno in favore dell’ex coniuge. Questo criterio garantisce una correlazione diretta tra il periodo di vita comune, la maturazione dei diritti previdenziali e la successiva tutela accordata dopo il decesso.

Pensione reversibilità coniuge divorziato senza assegno mantenimento

In assenza di un assegno di mantenimento, la posizione del coniuge divorziato rispetto alla pensione di reversibilità risulta notevolmente meno tutelata. La normativa di riferimento, in particolare l’art. 9 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, così come integrato dalla giurisprudenza, stabilisce che il diritto alla pensione di reversibilità in favore dell’ex coniuge presuppone non solo la sussistenza del vincolo coniugale al momento del decesso, ma anche l’effettivo riconoscimento di un assegno divorzile (o almeno del relativo diritto) a carico del defunto. Ne consegue che il coniuge divorziato che non percepiva alcuna forma di mantenimento, né vedeva riconosciuto tale diritto con sentenza, difficilmente potrà accedere al trattamento pensionistico del defunto, restando escluso dal beneficio. Il principio, ribadito da numerose pronunce, mira a preservare l’equità del sistema pensionistico e a mantenere una coerenza fra il riconoscimento del sostegno economico in vita e quello a carattere previdenziale post mortem, evitando attribuzioni prive di una base giuridica consolidata.

Calcolo della pensione di reversibilità per il coniuge divorziato: come si procede?

Come anticipato nelle righe precedenti, l’importo delle pensioni di reversibilità è proporzionale alla cifra pensionistica percepita dal coniuge quando era in vita. Inoltre va tenuto in considerazione il periodo di durata del matrimonio ed anche quello durante il quale la pensione del coniuge defunto è stata versata.

All’interno dell’arco temporale relativo al matrimonio, va computato anche il periodo di separazione legale poiché l’unione matrimoniale si ritiene conclusa al termine del procedimento di divorzio e quindi a sentenza di divorzio emessa.

Dal punto di vista economico va tenuto conto dei seguenti aspetti:

  • Condizioni economiche delle parti;
  • Importo dell’assegno di mantenimento versato all’ex coniuge;
  • Eventuali convivenze antecedenti al matrimonio, quanto siano durate;
  • Durata dei rispettivi matrimoni.

Pensione reversibilità coniuge divorziato e nuovo coniuge: cosa accade?

Accede poi con una certa frequenza che il coniuge defunto, quando era ancora in vita e dopo il divorzio, si risposi.

In questo caso la pensione di reversibilità deve essere necessariamente divisa fra un numero più alto di persone: in questo caso, infatti, la reversibilità spetta sia all’ex coniuge che al coniuge superstite. Nello specifico per ciò che riguarda la ripartizione dell’importo, si terrà conto della durata di entrambi i matrimoni e delle condizioni economiche dell’ex coniuge e del coniuge superstite.

Su questa questione una recente sentenza di Cassazione ha evidenziato che “la ripartizione del trattamento di reversibilità, in caso di concorso tra coniuge divorziato e coniuge superstite, deve essere effettuata ponderando, con prudente apprezzamento, in armonia con la finalità solidaristica dell'istituto, il criterio principale della durata dei rispettivi matrimoni, con quelli correttivi, eventualmente presenti, della durata della convivenza prematrimoniale, delle condizioni economiche e dell'entità dell'assegno divorzile (Cass., 28 aprile 2020, n. 8263)”.

Diverso invece il caso in cui il coniuge deceduto avesse convissuto per un certo periodo con un’altra persona. Quest’ultima infatti, non avrà diritto a ricevere alcuna pensione di reversibilità.

L'importanza di una consulenza personalizzata

Ogni caso relativo alle prestazioni previdenziali post-divorzio presenta caratteristiche uniche. Ricevere una consulenza da un professionista specializzato è essenziale per individuare la strategia più adeguata alle proprie esigenze, evitando di incorrere in errori di valutazione o nell’omissione di elementi utili a sostenere una richiesta di tutela economica.

Il ruolo della giurisprudenza nel tempo

Le sentenze emesse in anni diversi contribuiscono a formare un quadro normativo e interpretativo in continua evoluzione. Questa dinamicità consente di aggiornare e affinare la lettura delle norme, garantendo una maggiore aderenza alle reali esigenze delle persone coinvolte. È proprio grazie all’adattamento del diritto alla realtà sociale che si possono individuare soluzioni giuste ed equilibrate, in linea con i principi di solidarietà e tutela dei soggetti più fragili.