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Separazione consensuale

16 febbraio 2024

Separazione consensuale. Molto spesso, al primo appuntamento l’avvocato divorzista si sente fare una serie di domande, magari banali perché chi fa una separazione magari consensuale spesso, non solo non è passato per questa strada, ma neppure ha mai avuto a che fare con un avvocato.

Ecco una guida completa sulla separazione consensuale: come si fa a chiedere? su quali aspetti occorre accordarsi? quanto costa una pratica di separazione consensuale? cosa accede dopo? ecc.

Ecco una risposta su tutti i dubbi di chi si trova a dover affrontare la fine del matrimonio.

Separazione consensuale
Separazione consensuale

Separazione consensuale o giudiziale?

La prima questione da porsi è se ci sono gli estremi per chiedere una separazione consensuale o se, invece occorre chiedere una separazione giudiziale.

Il dato di partenza è che anche uno solo dei due coniugi può cambiare idea e decidere di separarsi o di divorziare. Se vi è un accordo sulla scelta di separarsi o di divorziale ma anche sul contenuto delle regole della separazione allora è possibile utilizzare la procedura consensuale, che appunto implica il consenso di entrambi i coniugi e l’accordo sul contenuto dell’accordo di separazione.

Ove invece non sia possibile arrivare a un tale risultato consensuale (perché manca la volontà di separarsi o non si trova un accordo sul come farlo), anche solo uno dei due coniugi può rivolgersi al giudice: in tal caso ci si trova di fronte a una separazione giudiziale.

Nella procedura giudiziale, a differenza di quella consensuale, dopo la richiesta di un coniuge (con l’assistenza del suo avvocato divorzista), viene convocato l’altro che può, se vuole, costituirsi con un proprio difensore. Il giudice prenderà anzitutto le decisioni più urgenti alla prima udienza: a chi vanno affidati i figli e quale è il diritto di visita; se è dovuto da un coniuge all’altro un assegno per il mantenimento dei figli; se è dovuto da un coniuge all’altro un assegno per il mantenimento del coniuge; se la casa coniugale deve essere assegnata al coniuge che abbia il prevalente affidamento dei figli. La causa poi continuerà in via contenziosa, quindi con possibilità di procedere a una istruttoria (ulteriori produzioni in causa, testimonianze, esibizione di documenti, perizie, ecc.) fino alla sentenza di separazione.

Il percorso della separazione giudiziale, rispetto a quella consensuale, è molto più lungo e quindi anche più costoso, trattandosi di una vera e propria causa che può durare anni con costi non modesti.

Talvolta i coniugi procedono con la procedura giudiziale e non con quella consensuale non tanto perché non vi è accordo nel separarsi ma perché non vi è accordo sulla misura del mantenimento per il coniuge o per i figli. Accade così non di rado che, dopo la prima udienza nella quale il giudice indica quale sia la misura a suo avviso corretta degli assegni di mantenimento, i coniugi si accordino trasformando la separazione giudiziale in una consensuale. In questo caso, quindi, la causa non prosegue con tutta l’istruttoria prevista per la procedura giudiziale ma si arresta poco dopo la prima udienza con la consensualizzazione della separazione.

L’impatto psicologico della fine del matrimonio

La separazione consensuale, pur rappresentando un accordo tra coniugi per mettere fine al matrimonio in modo amichevole, non esclude l'impatto psicologico che essa può generare su entrambi i partner e sui figli coinvolti.

Infatti, anche quando la decisione è presa d'accordo, la separazione rappresenta comunque un cambiamento significativo nella vita di tutti i diretti interessati. Chiaramente, ciò vale tanto più in caso di separazione giudiziale, restando in questo caso il conflitto acceso per diversi anni, vale a dire per il tempo della causa e delle eventuali impugnazioni.

I coniugi possono sperimentare sentimenti di tristezza, perdita e talvolta anche senso di colpa, mentre i figli possono essere particolarmente vulnerabili e reagire con confusione, rabbia o tristezza di fronte alla separazione dei genitori.

È fondamentale quindi considerare l'aspetto psicologico durante il processo di separazione e garantire un adeguato supporto emotivo a tutti i membri della famiglia. In questo contesto, il supporto psicologico assume un ruolo cruciale, offrendo un ambiente sicuro e non giudicante dove esprimere e elaborare le proprie emozioni legate alla separazione.

Consulenti familiari o psicoterapeuti possono fornire un sostegno prezioso, aiutando i coniugi a comunicare in modo costruttivo e i figli a comprendere e affrontare i cambiamenti che stanno vivendo. Inoltre, attraverso percorsi di counseling o terapie familiari, è possibile sviluppare strategie per affrontare le sfide che la separazione comporta, promuovendo un adeguato adattamento e il mantenimento di relazioni positive all'interno della famiglia.

Le questioni sulle quali accordarsi

Le questioni principali sulle quali i coniugi devono trovare un accordo quando vogliono fare una separazione consensuale sono: affidamento dei figli e diritto di visita; assegnazione della casa coniugale; assegno di mantenimento per i figli; assegno di mantenimento per il coniuge.

Non è questa la sede per affrontare in modo approfondito questi argomenti, per i quali ci sono specifici articoli del sito: forniamo però alcune prime indicazioni.

Appunto, per formulare una richiesta di procedura consensuale, occorre che i coniugi siano d’accordo su tutti questi aspetti e magari anche su altri, non necessari ma talvolta da discutere (divisione dei beni; gestione di mutui o prestiti; vendita di immobili; divisione die conti correnti; ecc.).

Vediamo le varie questioni.

Affidamento dei figli e diritto di visita nella separazione consensuale

Oramai la regola generale è l’affidamento condiviso dei figli e ciò sia nella procedura giudiziale e sia in quella consensuale. Ciò significa che entrambi i genitori hanno voce in capitolo sulle scelte che riguardano i figli. È raro l’affidamento esclusivo che però è possibile nei casi di un genitore del tutto assente, inaffidabile, ecc.

Per giungere a una soluzione consensuale, occorre trovare una modalità di gestione dei figli condivisa, anzitutto con riferimento ai tempi di permanenza con un genitore e con l’altro. Le soluzioni non sono rigide e vanno create certo pensando alle possibilità dei genitori (pensiamo a chi lavora lontano ad esempio o a due coniugi che dopo la separazione vivono lontani) ma soprattutto alle esigenze dei figli di mantenere un legale non meramente formale con entrambi i genitori.

Chiaramente il maggiore o minore tempo che i figli passeranno con i genitori potrà pesare nell’assegno di mantenimento: è chiaro che, se un genitore passa con i figli la gran parte del tempo, avrà costi per la loro gestione maggiori di un genitore che li tenga per metà del tempo.

Assegnazione della casa coniugale nella separazione

Nella separazione consensuale occorre decidere anche chi continuerà ad abitare nella casa coniugale.

La regola generale, che guida la decisione del giudice nella separazione giudiziale, è che la casa venga assegnata al coniuge che abbia il prevalente affidamento dei figli.

Come le Sezioni Unite della Cassazione hanno chiarito da tempo, l’assegnazione della casa coniugale nella separazione giudiziale ma anche consensuale, è quella di garantire ai figli la possibilità di continuare a vivere nella casa dove hanno vissuto fino al momento della separazione.

Chiaramente nella separazione consensuale, a differenza di quella giudiziale, c’è più flessibilità: i coniugi possono decidere di lasciare la casa al coniuge che stia meno con i figli oppure di venderla e dividere il ricavato.

Occorre poi precisare che l’assegnazione della casa coniugale vale nei limiti in cui i coniugi abbiano diritto di stare nell’abitazione: se è di loro proprietà senza una scadenza contrattuale e se è in locazione fino al termine del contratto e comunque con l’obbligo di pagare il canone.

Per cui l’assegnazione della casa coniugale nella separazione consensuale e anche in quella giudiziale ha un peso economico diverso nelle varie situazioni: se consente di vivere nella casa del coniuge esonera l’altro dai costi; se invece consente di stare nella casa in locazione, non esonera il coniuge assegnatario dai costi e l’assegnazione potrà quindi avere un diverso peso sulla questione degli assegni di mantenimento.

Da ultimo, l’assegnazione della casa coniugale, essendo collegata come detto con le esigenze dei figli, ha una durata in ogni caso limitata: quando i figli saranno economicamente indipendenti sarà possibile chiedere la revoca dell’assegnazione stessa.

Separazione consensuale: assegno di mantenimento per i figli

Una ulteriore questione da decidere nella separazione consensuale è quella dell’assegno di mantenimento per i figli.

È subito da precisare che non esiste un metodo di calcolo automatico, essendovi abbastanza discrezionalità (del giudice nella procedura giudiziale e dei coniugi in quella consensuale) nella misura dell’assegno.

L’assegno anzitutto si giustifica in relazione a due elementi: la differenza di tempo che i figli passano con i genitori e la differenza di reddito o di capacità economica dei due genitori.

Se i genitori passano lo stesso tempo con i figli e hanno redditi analoghi potrebbe non essere necessario fissare un assegno di mantenimento. Non è infrequente: in questi casi magari basta prevedere la divisione tra i coniugi delle spese straordinarie.

Negli altri casi nella separazione consensuale occorre fissare un assegno per i figli: generalmente l’importo è di qualche centinaio di euro al mese ma può arrivare anche a qualche migliaio di euro in ipotesi di redditi particolarmente elevati.

Diventa difficile indicare una cifra base perché ogni realtà ha le proprie peculiarità e ogni tribunale i propri standard: la soluzione migliore è certamente chiedere a un avvocato divorzista di quel territorio.

Da ultimo è da sottolineare che l’assegno di mantenimento per i figli è esente dalle tasse: per cui chi lo paga non lo può detrarre e chi lo riceve non paga costi fiscali e quindi può utilizzare integralmente la somma.

Assegno di mantenimento per il coniuge

Anche questo è un tema complesso e per il quale rinviamo agli specifici articoli del sito.

Anche ora non è possibile avere dei criteri di calcolo automatici, essendoci molta discrezionalità del giudice nella procedura giudiziale e dei coniugi in quella consensuale.

Come noto, l’assegno di mantenimento per il coniuge ha la funzione di riequilibrare una disuguaglianza: in particolare deve essere concesso al fine di consentire di mantenere lo stesso tenore di vita goduto durante il matrimonio. Chiaramente questo in teoria, perché in pratica spesso la separazione produce un impoverimento dei coniugi: se non hanno redditi elevati, il raddoppio di costi per case, utenze, ecc. crea difficoltà e l’assegno di mantenimento più che consentire di mantenere il precedente tenore di vita è diretto a trovare un punto di equilibrio nel dare un minimo a entrambi.

Anche qui l’esperienza di un avvocato divorzista, che conosca gli standard dei tribunali in cui opera è molto importante.

Da ultimo evidenziamo che, a differenza dell’assegno per i figli, quello per i coniugi rileva ai fini fiscali: il coniuge che lo percepisce deve dichiaralo e pagare le relative tasse e quello che lo paga lo può detrarre.

Il ruolo del mediatore famigliare per il raggiungimento di un accordo consensuale

La mediazione familiare rappresenta un'importante opzione da considerare durante il processo di separazione consensuale, poiché offre un approccio collaborativo e meno conflittuale per raggiungere un accordo soddisfacente per entrambe le parti.

Questo strumento promuove la comunicazione aperta e il dialogo costruttivo tra i coniugi, facilitando la ricerca di soluzioni condivise che tengano conto degli interessi e delle esigenze di ciascuno. Attraverso la mediazione familiare, un mediatore neutrale e qualificato può guidare le discussioni e aiutare le parti a esplorare opzioni creative per risolvere le questioni legate alla separazione, come la divisione dei beni, la custodia dei figli e il sostegno finanziario. Inoltre, la mediazione può contribuire a ridurre i conflitti e le tensioni tra i coniugi, promuovendo un clima di rispetto reciproco e collaborazione, il che può essere particolarmente importante per il benessere emotivo di tutti i membri della famiglia coinvolti nel processo di separazione.

Come si fa a chiedere la separazione?

Le procedure sono oramai diverse essendo nella sostanza possibile procedere alla separazione consensuale: direttamente in Comune ma a certe condizioni; tramite la negoziazione assistita ma con la necessità di assistenza di due diversi avvocati (uno per coniuge); tramite la procedura tradizionale in Tribunale.

Rinviamo anche qui agli specifici articoli presenti nel sito per le varie procedure.

Evidenziamo due aspetti importanti che talvolta fanno propendere per una procedura piuttosto che per l’altra: la negoziazione assistita, se le parti hanno già un accordo o lo possono trovare velocemente, è molto veloce potendo definirsi in pochissime settimane; la separazione consensuale tradizionale in Tribunale può essere una procedura leggermente più lunga (dura di solito 3-5 mesi comunque) ma può essere fatta anche da un unico avvocato per entrambi i coniugi, con conseguente possibile risparmio economico.

Quanto costa una pratica di separazione consensuale?

Quanto ai costi di assistenza legale per una separazione consensuale non è facile dare una risposta.

Anzitutto, la regola generale è quella dell’accordo tra cliente e avvocato: per cui il cliente può chiedere un preventivo ed eventualmente negoziarlo se c’è lo spazio.

Chiaramente non tutte le pratiche di separazione consensuale suono uguali e non tutti i difensori hanno lo stesso livello di esperienza.

Dipende poi molto dalla complessità: ci sono casi semplici in cui i coniugi nella sostanza hanno già l’accordo per la separazione consensuale e il compito dell’avvocato è soprattutto quello di formalizzarlo; ci sono casi complessi o molto complessi, nei quali l’accordo deriva da lunghe o lunghissime trattative e l’accordo comprende numerose questioni oltre a quelle di cui abbiamo sopra riferito. Ad esempio la separazione consensuale può coinvolgere la vendita di immobili, di quote societarie, di beni di notevole valore, ecc.

Da ultimo, anche i parametri forensi variano in base non solo alle complessità ma anche ai valori in gioco: una separazione tra persone con redditi o patrimoni molto elevati prevede compensi molto più elevati.

Solo per dare un’indicazione di un possibile costo di una separazione consensuale, i parametri forensi prevedono per le procedure in camera di consiglio questi compensi (da maggiorarsi del 15% rimborso spese generali, 4% Cassa Previdenza Avvocati e 22% IVA): 1.350 euro per cause dal valore compreso tra 5.201 e 26.000 euro; 2.225 euro per cause dal valore compreso tra 26.001 e 52.000 euro; 3.170 euro per cause dal valore compreso tra 52.001 e 260.000 euro.

Ma, come anticipato, il costo può essere pattuito anche in deroga a questi parametri forensi e la cosa ideale è chiedere previamente un preventivo per il costo della separazione consensuale.

Ribadiamo però anche che non tutti i professionisti lavorano allo stesso modo o hanno la stessa esperienza: soprattutto se le questioni sono complesse o occorre decidere di questioni di rilievo, forse un costo più alto ripaga la tranquillità di un servizio di un avvocato con esperienza.

Come è possibile procedere alla modifica delle condizioni di separazione?

Sia il provvedimento del giudice emesso in una procedura giudiziale e sia l’accordo contenuto in una separazione consensuale vengono adottati in un dato momento e sulla base di un dato contesto.

Si tratta di questioni sempre rivedibili ove si modifichi la situazione di fatto sulla base della quale l’accordo contenuto nella separazione consensuale era stato preso.

Anche qui rinviamo agli specifici articoli contenuti nel sito ma anticipiamo: la procedura di modifica può essere fatta in modo consensuale (con unico avvocato o anche con due) oppure in modo contenzioso, se uno dei coniugi non voglia provvedere alla richiesta modifica. Soprattutto in quest’ultimo caso occorrerà prospettare al giudice cosa sia cambiato rispetto al passato dato che ciò giustifica la modifica.

Cosa succede dopo la separazione consensuale?

Dopo l’accordo di separazione consensuale anzitutto si attuano i punti dell’accordo: si va a vivere in due immobili diversi; si gestiscono i figli; si pagano gli assegni di mantenimento.

Potrebbe non esserci sempre concordia ed allora da un lato ci si potrà rivolgere al giudice (ad esempio per chiedere modifiche dell’accordo o per avere indicazioni su quale scelta tra le due contrapposte debba essere seguita) e dall’altro utilizzare la procedura esecutiva.

Quest’ultima in particolare vale per il pagamento degli assegni: se il coniuge tenuto al pagamento non paga, l’altro può agire in via esecutiva e può anche chiedere al giudice che venga disposto il pagamento diretto ad esempio dal datore di lavoro che è tenuto al pagamento dello stipendio in favore del coniuge obbligato (per cui dallo stipendio si trattiene l’assegno che va pagato direttamente all’altro coniuge).

La separazione consensuale ma anche quella giudiziale non pongono totalmente fine al matrimonio: i coniugi non si possono sposare con altri; sono anche eredi tra di loro; si potrebbero riconciliare; ecc.

Dopo la separazione consensuale può essere fatto il divorzio, che è una procedura non molto diversa da quella consensuale che ha appunto la finalità di porre fine al rapporto matrimoniale. Una volta era necessario attendere tre anni tra separazione e divorzio mentre oggi, dopo la procedura consensuale, è sufficiente attendere 6 mesi per richiedere il divorzio: tale termine di 6 mesi decorre dalla comparsa dei coniugi dinanzi il Presidente del tribunale (se si era trattato di procedura consensuale in Tribunale) oppure dalla data certificata nell'accordo di separazione raggiunto a seguito di convenzione assistita da avvocati o, forse meglio, dal momento del nulla osta o dall’autorizzazione del PM.

Gestione delle finanze personali dopo la separazione

Dopo la separazione, la gestione delle finanze personali diventa un'importante sfida da affrontare per entrambi i coniugi.

Questo aspetto include la necessità di riorganizzare il budget individuale e di comprendere l'impatto finanziario sulle tasse e sugli investimenti futuri. Inoltre, è fondamentale considerare l'assegno di mantenimento per il coniuge e i figli, che ha lo scopo di proteggere coloro che ne beneficiano. Tuttavia, spesso questo non è sufficiente a garantire una soluzione completa, poiché ci si trova di fronte a spese duplicate come due abitazioni e doppie utenze.

Questa situazione può portare a un significativo calo del tenore di vita rispetto a quello goduto durante il matrimonio, poiché le risorse economiche disponibili prima potrebbero non consentire di mantenere lo stesso livello di comfort finanziario. Pertanto, è cruciale pianificare attentamente la gestione finanziaria individuale dopo la separazione, cercando soluzioni pratiche e sostenibili per affrontare le sfide finanziarie che questa nuova fase della vita può comportare.

I diritti successori dopo la separazione consensuale

Anche dopo la separazione legale, è essenziale comprendere che il vincolo matrimoniale permane fino al divorzio effettivo.

Ciò implica che i coniugi mantengono diritti successori reciproci, i quali possono avere implicazioni importanti in caso di decesso di uno dei partner. Fino al momento del divorzio, i coniugi separati conservano il diritto di ereditare l'uno dall'altro. Questo significa che il coniuge sopravvissuto ha diritto a una parte dell'eredità dell'altro coniuge, anche se separati legalmente.

Peraltro, è importante sottolineare che un testamento può influenzare la distribuzione dell'eredità solo entro i limiti consentiti dalla legge. Come noto una parte di eredità è riservata dalla legge ai parenti più stretti per cui, anche in presenza di un testamento, l’ex coniuge mantiene un diritto di ereditare la quota necessaria. Chiaramente il testamento può avere una utilità nel limitare ciò che l’ex coniuge riceve, ad esempio attribuendo la parte disponibile ai figli o a altri soggetti.

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