Convivente more uxorio: in cosa consiste?
La convivenza more uxorio rappresenta un tema di notevole interesse nel panorama giuridico italiano, soprattutto alla luce delle recenti pronunce giurisprudenziali che ne hanno delineato i contorni con maggiore precisione. Secondo la sentenza della Cassazione del 4 maggio 2022, n. 14151, la convivenza more uxorio, o famiglia di fatto, emerge come una realtà distinta dalla semplice coabitazione con il convivente, sottolineando così una profonda evoluzione nella percezione di questo fenomeno all'interno della società e del diritto stesso. La decisione in questione evidenzia come, originariamente, questo tipo di convivenza fosse considerato un rapporto di fatto, atipico e polimorfo, non immediatamente riconducibile a categorie giuridiche preesistenti, ma progressivamente riconosciuto come fenomeno sociale e, di conseguenza, come fatto giuridico, con impatti significativi sui conviventi.
La distinzione fondamentale tra la convivenza more uxorio e la mera coabitazione risiede nella natura del legame con il convivente: non si tratta semplicemente di vivere sotto lo stesso tetto, ma di instaurare un rapporto affettivo stabile e duraturo, caratterizzato da un impegno reciproco di assistenza morale e materiale tra i conviventi. Questo significa che, anche in assenza di una coabitazione continua, può sussistere una convivenza more uxorio, purché vi sia la volontà dei partner di condividere un progetto di vita comune e di supportarsi reciprocamente, rafforzando così il legame tra i conviventi. La giurisprudenza, infatti, ha più volte riconosciuto diritti e doveri reciproci tra i conviventi more uxorio, anche in casi in cui la coabitazione non fosse un elemento costante della loro relazione, come evidenziato dalle sentenze citate (Cassazione n. 9178/2018, n. 7128/2013 e n. 16018/2010), che hanno affrontato questioni legate all'assistenza e al risarcimento del danno in assenza di una coabitazione effettiva, sottolineando l'importanza della figura del convivente all'interno di tale dinamica.
In particolare la sentenza Cassazione del 4 maggio 2022, n. 14151 evidenzia che la coabitazione con il convivente può essere uno degli elementi (peraltro non necessario) per potersi ritenere sussistente una convivenza more uxorio. Ma quest’ultima è qualcosa di più della mera coabitazione: “la convivenza more uxorio ha da essere intesa quale legame affettivo stabile e duraturo, in virtù del quale i conviventi si siano spontaneamente e volontariamente assunti reciproci impegni di assistenza morale e materiale, senza che la coabitazione possa assumere il rilievo di un requisito indispensabile all'integrazione del fatto giuridico (v. Cass. 13 aprile 2018, n. 9178; nella stessa prospettiva può leggersi Cass. 21 marzo 2013, n. 7128, che ha accordato il risarcimento del danno da macrolesione del convivente more uxorio pur in assenza di coabitazione: v.; Cass. 7 luglio 2010, n. 16018)”.
In sintesi, la convivenza more uxorio si configura come una relazione complessa, che supera il mero fatto di abitare insieme, per abbracciare una dimensione più ampia di condivisione della vita e di mutuo sostegno, riconosciuta e tutelata dal diritto in vari aspetti, riflettendo l'evoluzione della società e delle sue forme di relazione interpersonale.
Come si prova e quando sussiste la convivenza?
La dimostrazione della convivenza more uxorio, inclusa la presenza di un convivente, costituisce uno degli aspetti più delicati e complessi all'interno del diritto di famiglia, data la natura intrinsecamente privata e personale della relazione. La prova di tale convivenza non si basa su un semplice insieme di documenti o testimonianze dirette, ma piuttosto su una serie di presunzioni e indizi che, nel loro complesso, devono delineare un quadro convincente dell'esistenza di un legame affettivo stabile e duraturo tra i conviventi, come delineato dalla recente giurisprudenza. Questi elementi indiziari possono includere, ma non si limitano a, la coabitazione, che, pur non essendo un requisito indispensabile, gioca un ruolo significativo nel fornire un contesto per valutare la natura della relazione tra i conviventi.
La sentenza Cassazione del 4 maggio 2022, n. 14151 sul convivente evidenzia che i tratti distintivi della convivenza more uxorio si trovano nella condivisione di un progetto di vita comune e nell'assunzione di obblighi reciproci di assistenza morale e materiale, aspetti che risiedono nel "foro interno" dei conviventi e che, pertanto, non sono direttamente dimostrabili. La valutazione giuridica di tali relazioni, quindi, deve affidarsi a un'analisi di elementi fattuali che, presi singolarmente, possono sembrare insufficienti, ma che, valutati nel loro insieme, consentono di inferire l'esistenza di una convivenza more uxorio.
La coabitazione assume un valore indiziario importante in questo contesto, ma è la valutazione complessiva dei vari indizi che permette di stabilire la presenza di una convivenza di fatto: la sentenza, in particolare, indica che “ciò non vuol dire che la coabitazione non abbia rilievo: esso e anzi assai cospicuo, ma soltanto indiziario, per i fini della prova dell'esistenza di un rapporto di convivenza di fatto, elemento indiziario da valutarsi in ogni caso non atomisticamente, come si vedrà subito dopo, ma nel contesto e alle circostanze in cui si inserisce. Viceversa, l'assenza della coabitazione non è di per sé decisivo”.
Altri elementi possono includere la durata della relazione, la presenza di figli, la condivisione di spese e investimenti, la testimonianza di amici e familiari, e qualsiasi altra prova che possa indicare un legame affettivo e di assistenza reciproca tra i conviventi. In assenza di una prova diretta, il giudice deve quindi procedere a un'analisi dettagliata e complessiva degli indizi disponibili, seguendo le disposizioni dell'art. 2729 c.c., comma 1, che impone una valutazione attenta e ponderata di tutti gli elementi presuntivi acquisiti al processo, inclusa l'analisi del ruolo di ciascun convivente all'interno della relazione.
La sentenza sul convivente, in particolare, indica che “quando l'istruttoria non offra o non possa offrire, come nel caso in esame, la prova diretta del fatto controverso da provare, ma solo di indizi, o fatti secondari che dir si voglia, utilizzabili attraverso l'impiego del ragionamento presuntivo per risalire al fatto da provare, il giudice di merito è libero, nei limiti del rispetto dell'obbligo motivazionale […]. Una volta che abbia compiuto tale operazione, individuando analiticamente gli indizi potenzialmente rilevanti, perchè gravi e precisi, così come previsto dall'art. 2729 c.c., comma 1, il giudice non può fermarsi ad una simile atomistica valutazione, ma è tenuto, perché è la stessa norma che lo richiede, a procedere ad una valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi così isolati, nonché di eventuali argomenti di prova acquisiti al giudizio”.
In conclusione, provare l'esistenza di una convivenza more uxorio richiede una meticolosa ricostruzione giuridica dei fatti, basata su un insieme di indizi che, nel loro complesso, siano in grado di attestare la reale esistenza di un progetto di vita condiviso e di un legame affettivo profondo e duraturo tra i partner.
Quale rilievo ha la convivenza more uxorio sul diritto al mantenimento?
L'impatto della convivenza more uxorio sull'assegno di mantenimento rappresenta una questione giuridica di rilevante interesse, come evidenziato dalla sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione del 5 novembre 2021, n. 32198.
Questo pronunciamento chiarisce che l'instaurazione di una convivenza more uxorio può influenzare direttamente la componente assistenziale dell'assegno di mantenimento, determinandone la cessazione qualora venga dimostrata l'esistenza di un nuovo progetto di vita con il proprio convivente. Il ragionamento alla base di questa decisione è che la nuova unione, caratterizzata da impegni reciproci di assistenza, costituisce una "cesura col passato", rendendo l'ex coniuge meno necessitato, sotto il profilo assistenziale, degli aiuti economici precedentemente accordati.
La sentenza precisa che “qualora sia stata fornita la prova dell'instaurarsi di tale stabile convivenza, il cui accertamento può intervenire sia nell'ambito dello stesso giudizio volto al riconoscimento del diritto all'assegno di divorzio, come nella specie, sia all'interno del giudizio di revisione delle condizioni patrimoniali del divorzio, può ritenersi che cessi, in conseguenza del nuovo progetto di vita intrapreso, che indubbiamente costituisce una cesura col passato, e nell'ambito del quale l'ex coniuge potrà trovare e prestare reciproca assistenza, il diritto alla componente assistenziale dell'assegno, anche se il nuovo nucleo familiare di fatto abbia un tenore di vita che non sia minimamente paragonabile al precedente, e neppure a quello che sarebbe assicurato al convivente qualora potesse integrarlo con l'assegno divorzile” (Cassazione Sezioni Unite 5 novembre 2021, n. 32198 su convivente e assegno divorzile, scaricabile in pdf nella pagina).
Tuttavia, la stessa sentenza distingue nettamente tra la componente assistenziale e quella compensativo-perequativa dell'assegno divorzile, stabilendo che la convivenza more uxorio non comporta automaticamente la cessazione della seconda. La componente compensativa, infatti, è volta a riequilibrare eventuali disparità economiche e sacrifici personali e professionali subiti da un coniuge a favore dell'altro durante il matrimonio. Pertanto, anche in presenza di una nuova convivenza, il diritto all'assegno può essere mantenuto o rimodulato, considerando il contributo dato dall'ex coniuge alle fortune familiari e al patrimonio dell'altro coniuge, che altrimenti rimarrebbe "ingiustamente sacrificato".
In conclusione, la convivenza more uxorio introduce un elemento di valutazione fondamentale per l'assegno di mantenimento, incidendo sulla sua componente assistenziale, ma non elimina automaticamente il diritto alla componente compensativa, la quale deve essere analizzata con attenzione ai contributi passati e alla situazione economica dell'ex coniuge beneficiario che sia divenuto convivente more uxorio. Questa distinzione sottolinea la necessità di un'analisi dettagliata e personalizzata dei singoli casi, per assicurare un trattamento equo e giusto per entrambi gli ex coniugi nel post-divorzio.
Nuova convivenza e revoca dell’assegnazione della casa coniugale
Quanto al rilievo della convivenza more uxorio rispetto alla assegnazione della casa coniugale, occorre ricordare come l’art. 337 sexies c.c. indichi che “il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell'interesse dei figli. Dell'assegnazione il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l'eventuale titolo di proprietà. Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l'assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio”.
Quindi, anche in merito all’assegnazione della casa coniugale, vi è un diretto rilievo della presenza di un convivente more uxorio.
Convivente more uxorio: conclusioni
In definitiva, come indica la sentenza in commento, la convivenza more uxorio non è data dalla mera coabitazione con il convivente. La prova della coabitazione è un indice utile alla prova della convivenza more uxorio, ma a una tale prova devono accompagnarsi altri dati di fatto indicativi del “legame affettivo stabile e duraturo, in virtù del quale i conviventi si siano spontaneamente e volontariamente assunti reciproci impegni di assistenza morale e materiale” (per utilizzare la definizione della sentenza in commento).
Per contro, la mancanza di coabitazione non esclude a priori la possibilità di dimostrare che vi è un convivente more uxorio: come vi sono coppie sposate, che restano tali anche se vivono distanti mantenendo quegli impegni reciproci di assistenza materiale e morale, allo stesso modo vi possono essere coppie di fatto caratterizzate da quel legame che consente di parlare di convivenza more uxorio anche in assenza di coabitazione.