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Convivenza more uxorio

16 maggio 2022

Convivenza more uxorio: mantenimento e revoca dell’assegnazione della casa coniugale. Come noto, la convivenza more uxorio di uno dei due ex coniugi con altra persona può avere rilievo in relazione all’assegno di mantenimento e all’assegnazione della casa coniugale.

Ma cosa si intende per convivenza more uxorio? È necessario avere la coabitazione o rilevano altri elementi?

La recente sentenza Cass. 4 maggio 2022, n. 14151 ci permette di chiarire cosa si intende per convivenza more uxorio

Convivenza more uxorio
Convivenza more uxorio

Convivenza more uxorio: diritto al mantenimento

Quale rilievo ha la convivenza more uxorio sul diritto al mantenimento?

Come noto, la recente sentenza Cassazione Sezioni Unite 5 novembre 2021, n. 32198 su convivenza e assegno divorzile ha indicato come un tale assegno abbia una doppia natura: vi è una componente assistenziale (vale a dire legata ai bisogni della persona) e una compensativo-perequativa.

La medesima sentenza evidenzia che una convivenza more uxorio può comportare la cessazione dell’assgeno di mantenimento in relazione alla componente assistenziale: “qualora sia stata fornita la prova dell'instaurarsi di tale stabile convivenza, il cui accertamento può intervenire sia nell'ambito dello stesso giudizio volto al riconoscimento del diritto all'assegno di divorzio, come nella specie, sia all'interno del giudizio di revisione delle condizioni patrimoniali del divorzio, può ritenersi che cessi, in conseguenza del nuovo progetto di vita intrapreso, che indubbiamente costituisce una cesura col passato, e nell'ambito del quale l'ex coniuge potrà trovare e prestare reciproca assistenza, il diritto alla componente assistenziale dell'assegno, anche se il nuovo nucleo familiare di fatto abbia un tenore di vita che non sia minimamente paragonabile al precedente, e neppure a quello che sarebbe assicurato al convivente qualora potesse integrarlo con l'assegno divorzile” (Cassazione Sezioni Unite 5 novembre 2021, n. 32198 su convivenza e assegno divorzile, scaricabile in pdf nella pagina).

Per contro, la medesima sentenza, evidenzia che la convivenza more uxorio non fa cessare l’assegno connesso alla componente compensativo-perequativa: “quanto alla componente compensativa, in caso di nuova convivenza il coniuge beneficiario non perde automaticamente il diritto all'assegno, ma esso potrà essere rimodulato, in sede di revisione, o quantificato, in sede di giudizio per il suo riconoscimento, in funzione della sola componente compensativa, purchè al presupposto indefettibile della mancanza di mezzi adeguati, nell'accezione sopra riportata, si sommi, nel caso concreto, il comprovato emergere di un contributo, dato dal coniuge debole con le sue scelte personali e condivise in favore della famiglia, alle fortune familiari e al patrimonio dell'altro coniuge, che rimarrebbe ingiustamente sacrificato e non altrimenti compensato se si aderisse alla caducazione integrale. Un sacrificio che è proteso solo verso il passato e che solo nella definitiva regolamentazione dei rapporti con l'ex coniuge, in relazione al delimitato arco di vita del matrimonio, può trovare la sua soddisfazione” (Cassazione Sezioni Unite 5 novembre 2021, n. 32198).

In definitiva, quindi, la convivenza more uxorio ha un rilievo almeno parziale per l’assegno di mantenimento.

Convivenza more uxorio: revoca dell’assegnazione della casa coniugale

Quanto al rilievo della convivenza more uxorio rispetto alla assegnazione della casa coniugale, occorre ricordare come l’art. 337 sexies c.c. indichi che “il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell'interesse dei figli. Dell'assegnazione il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l'eventuale titolo di proprietà. Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l'assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio”.

Quindi, anche in merito all’assegnazione della casa coniugale, vi è un diretto rilievo della convivenza more uxorio.

Convivenza more uxorio: in cosa consiste?

La recente sentenza Cass. 4 maggio 2022, n. 14151 chiarisce in cosa consista questa convivenza more uxorio.

Tale decisione evidenzia anzitutto l’origine non disciplinata di questa situazione di fatto: “la convivenza more uxorio, i.e. la famiglia di fatto, di cui qui si discorre, è per vero altra cosa: si tratta di un rapporto di fatto a lungo rimasto tendenzialmente indifferente, anche se non ignoto al mondo del diritto (si pensi ad esempio alla remota Cass. 30 giugno 1946, n. 1036, che escluse l'operatività della presunzione di sublocazione di cui al D.Lgs.Lgt. 12 ottobre 1945, n. 669, art. 14, in presenza di convivenza more uxorio), e divenuto nel corso del tempo riconducibile ad un fenomeno socialmente riconosciuto, poi ad ampio titolo transitato, quale fatto giuridico, ma sempre connotato da atipicità, polimorfo, nel mondo dei diritto”.

Un primo aspetto da sottolineare è la convivenza more uxorio non è sovrapponibile alla coabitazione.

Come poi la sentenza chiarirà meglio, la coabitazione può essere uno degli elementi (peraltro non necessario) per potersi ritenere sussistente una convivenza more uxorio. Ma quest’ultima è qualcosa di più della mera coabitazione: “la convivenza more uxorio ha da essere intesa quale legame affettivo stabile e duraturo, in virtù del quale i conviventi si siano spontaneamente e volontariamente assunti reciproci impegni di assistenza morale e materiale, senza che la coabitazione possa assumere il rilievo di un requisito indispensabile all'integrazione del fatto giuridico (v. Cass. 13 aprile 2018, n. 9178; nella stessa prospettiva può leggersi Cass. 21 marzo 2013, n. 7128, che ha accordato il risarcimento del danno da macrolesione del convivente more uxorio pur in assenza di coabitazione: v.; Cass. 7 luglio 2010, n. 16018)”.

Convivenza more uxorio: come si prova?

Detto che coabitazione non equivale a convivenza more uxorio, non corrispondendo ogni coabitazione a una convivenza more uxorio e potendo esserci quest’ultima anche senza coabitazione, l’aspetto problematico è quello delle modalità concrete attraverso le quali è possibile provare una convivenza more uxorio.

Generalmente la prova della convivenza more uxorio è data tramite presunzioni, vale a dire con la prova di una pluralità di elementi indiziari che siano indicativi del fatto che i soggetti interessati abbiano un “legame affettivo stabile e duraturo, in virtù del quale i conviventi si siano spontaneamente e volontariamente assunti reciproci impegni di assistenza morale e materiale” (per utilizzare la definizione della sentenza in commento).

Si tratta di una prova non semplice, perché questi dati di fatto che fondano la convivenza more uxorio coinvolgono almeno in parte aspetti interiori delle parti coinvolte: correttamente la sentenza evidenzia che “una volta osservato che la convivenza more uxorio mantiene il carattere del fatto giuridico, che come tale sorge non da un atto, ma da volontari comportamenti, sicché la sua sussistenza può essere affermata solo attraverso l'osservazione empirica del caso concreto, ed avere chiarito che i tratti caratterizzanti sono costituiti dall'affectio e dell'assunzione di reciproci obblighi di assistenza morale e materiale, diviene agevole osservare che essi si collocano nel foro interno dei conviventi, è non sono come tali suscettibili di prova diretta, ma solo attraverso lo scrutinio di elementi fattuali che consentano di ritenere integrato il fatto giuridico”.

Tra questi elementi di fatto indicativi della convivenza more uxorio chiaramente vi può essere anche la coabitazione (elemento non essenziale ma rilevante).

La sentenza, infatti, indica che “ciò non vuol dire che la coabitazione non abbia rilievo: esso e anzi assai cospicuo, ma soltanto indiziario, per i fini della prova dell'esistenza di un rapporto di convivenza di fatto, elemento indiziario da valutarsi in ogni caso non atomisticamente, come si vedrà subito dopo, ma nel contesto e alle circostanze in cui si inserisce. Viceversa, l'assenza della coabitazione non è di per sé decisivo”.

Ma, per le ragioni anzidette, la prova della coabitazione deve accompagnarsi anche ad altri elementi di fatto utili a dimostrare la convivenza more uxorio: “quando l'istruttoria non offra o non possa offrire, come nel caso in esame, la prova diretta del fatto controverso da provare, ma solo di indizi, o fatti secondari che dir si voglia, utilizzabili attraverso l'impiego del ragionamento presuntivo per risalire al fatto da provare, il giudice di merito è libero, nei limiti del rispetto dell'obbligo motivazionale […]. Una volta che abbia compiuto tale operazione, individuando analiticamente gli indizi potenzialmente rilevanti, perchè gravi e precisi, così come previsto dall'art. 2729 c.c., comma 1, il giudice non può fermarsi ad una simile atomistica valutazione, ma è tenuto, perché è la stessa norma che lo richiede, a procedere ad una valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi così isolati, nonché di eventuali argomenti di prova acquisiti al giudizio”.

Convivenza more uxorio: conclusioni

In definitiva, come indica la sentenza in commento, la convivenza more uxorio non è data dalla mera coabitazione. La prova della coabitazione è un indice utile alla prova della convivenza more uxorio, ma a una tale prova devono accompagnarsi altri dati di fatto indicativi del “legame affettivo stabile e duraturo, in virtù del quale i conviventi si siano spontaneamente e volontariamente assunti reciproci impegni di assistenza morale e materiale” (per utilizzare la definizione della sentenza in commento).

Per contro, la mancanza di coabitazione non esclude a priori la possibilità di dimostrare la convivenza more uxorio: come vi sono coppie sposate, che restano tali anche se vivono distanti mantenendo quegli impegni reciproci di assistenza materiale e morale, allo stesso modo vi possono essere coppie di fatto caratterizzate da quel legame che consente di parlare di convivenza more uxorio anche in assenza di coabitazione.