Affido condiviso e congiunto: regole, differenze e novità della Cassazione

17 ottobre 2025

Cosa cambia tra affido congiunto e affido condiviso? Dopo una separazione, la regola generale nel diritto di famiglia italiano è l’affidamento condiviso, che consente a entrambi i genitori di mantenere la responsabilità genitoriale. Ma non sempre questo significa che il tempo sia ripartito in modo uguale. La legge e la giurisprudenza – in particolare la recente Cassazione civile n. 25421/2025 – pongono al centro il benessere del minore, privilegiando la qualità del rapporto con ciascun genitore più che la quantità aritmetica delle giornate trascorse insieme.

Affido condiviso e congiunto affidamento

Affido condiviso o congiunto? Cosa cambia davvero nella pratica

Nel linguaggio comune si parla spesso di affidamento congiunto come se fosse sinonimo di affidamento condiviso, ma in realtà i due concetti non coincidono del tutto.

Il termine “affido congiunto” era utilizzato prima della riforma del 2006 per indicare quei casi – allora piuttosto rari – in cui entrambi i genitori condividevano la potestà sui figli, anche dopo la separazione. Era una possibilità eccezionale, riservata a coppie con rapporti collaborativi e capacità di gestione comune.

Con la legge n. 54/2006, l’ordinamento ha introdotto l’affidamento condiviso come regola generale, superando di fatto la precedente distinzione. Oggi si parla di “responsabilità genitoriale” e non più di potestà, a significare che entrambi i genitori hanno il dovere di partecipare alle scelte di vita del figlio.

Nella pratica, il giudice stabilisce tempi, modalità e collocamento del minore in base all’interesse concreto del bambino, e non a un principio di parità aritmetica.

Il significato di questa evoluzione è chiaro: la separazione non deve interrompere la genitorialità, ma renderla sostenibile in forme nuove.

Dall’affidamento esclusivo alla genitorialità condivisa: la riforma del 2006

Fino al 2006, la regola era l’affidamento esclusivo a uno dei genitori, di solito la madre. L’affidamento congiunto era previsto solo se la coppia mostrava una piena sintonia nella gestione dei figli, condizione che nella realtà si verificava di rado.

La legge n. 54/2006 ha ribaltato la prospettiva: ha sancito che i figli hanno diritto ad avere due genitori presenti e partecipi, anche in caso di separazione o divorzio. Da allora, il giudice è tenuto a privilegiare l’affido condiviso e può disporre quello esclusivo solo in presenza di motivi gravi.

La riforma ha segnato il passaggio da una visione “proprietaria” della genitorialità a una logica di cooperazione. Non si tratta più di decidere chi “ottiene” il figlio, ma di garantire a quest’ultimo continuità affettiva, educativa e materiale con entrambi i genitori.

Ciò non toglie che nella pratica quotidiana permangano difficoltà: conflitti personali, distanza tra le abitazioni, orari di lavoro incompatibili. Per questo la giurisprudenza ha via via elaborato modelli flessibili, calibrati sul caso concreto, che tengono conto non solo della norma, ma anche della realtà familiare di ciascuno.

Il ruolo del giudice e l’interesse del minore nelle decisioni familiari

Il perno di ogni decisione in materia di affido è l’articolo 337-ter del codice civile, che impone di tutelare “l’interesse morale e materiale del minore”.

Questa formula, volutamente ampia, consente al giudice di modellare le decisioni in base alle circostanze: età del figlio, disponibilità dei genitori, stabilità emotiva e relazionale, contesto abitativo e scolastico.

L’interesse del minore, insomma, non è un concetto astratto ma un criterio concreto, che orienta tempi, collocazione e contributi economici.

Il giudice valuta anche l’opinione del figlio, se ha compiuto 12 anni (o se è in grado di esprimersi), ascoltandolo in modo riservato.

L’ascolto diretto è oggi considerato una garanzia imprescindibile: una decisione che lo escluda può essere impugnata.

La giurisprudenza sottolinea che il desiderio di “vedere di più i figli” non è, di per sé, sufficiente: bisogna dimostrare che ciò risponde al benessere del minore, alla sua stabilità e alla continuità delle sue relazioni.

Affido condiviso e congiunto: come si applicano nella vita quotidiana

Il modello di affido condiviso non si limita a una ripartizione dei tempi, ma coinvolge il modo in cui i genitori partecipano alle decisioni di crescita del figlio.

Le scelte importanti – istruzione, salute, educazione religiosa, attività extrascolastiche – devono essere prese congiuntamente. Per gli aspetti quotidiani, invece, ogni genitore decide autonomamente nei periodi in cui il minore è con lui.

La conflittualità non è di per sé motivo per escludere l’affido condiviso.

I tribunali ritengono che conti più la capacità di mantenere una linea educativa coerente che l’assenza di discussioni. Solo quando i contrasti diventano distruttivi o generano disagio nei figli, il giudice può valutare l’affidamento esclusivo.

Nella prassi, questo significa che anche coppie con rapporti tesi possono – e devono – collaborare, nel rispetto di un principio cardine: il diritto del bambino a due genitori, non il diritto dei genitori al bambino.

Cassazione 2025: il tempo di qualità conta più delle percentuali

Con l’ordinanza n. 25421/2025, la Corte di Cassazione ha ribadito un concetto decisivo: la bigenitorialità non si misura in giorni ma in esperienze.

Nel caso esaminato, il padre lamentava una riduzione dei tempi di visita; la Corte ha però confermato che ciò che importa non è la quantità del tempo trascorso, ma la qualità del legame che si riesce a costruire.

Il giudice può dunque predisporre calendari “di qualità”, anche meno simmetrici, se più adatti alle esigenze del minore, alla distanza tra le abitazioni o agli impegni lavorativi.

Questo orientamento mira a evitare automatismi e a promuovere soluzioni su misura. Tuttavia, alcuni esperti avvertono che il rischio è quello di trasformare la qualità in una giustificazione per ridurre i tempi di frequentazione.

In ogni caso, la Cassazione invita a superare modelli standardizzati, ponendo al centro la personalizzazione e la responsabilità genitoriale.

Affido paritario: quando si può davvero parlare di 50 e 50

Molti genitori confondono l’affido condiviso con quello paritario, ma non sono la stessa cosa.

L’affido paritario è solo una delle possibili modalità di attuazione dell’affido condiviso: si ha quando i figli trascorrono tempi equivalenti – in genere 50% con ciascun genitore – e le condizioni logistiche lo rendono praticabile.

Tale soluzione funziona bene quando le case dei genitori sono vicine, i turni di lavoro compatibili e il livello di collaborazione elevato.

Diversamente, un’eccessiva simmetria può tradursi in stress per il minore, costretto a continui spostamenti.

La Cassazione del 2025 ha chiarito che la parità dei tempi non è un diritto dei genitori, ma una possibilità da valutare caso per caso.

Il fulcro resta il diritto del figlio a mantenere legami significativi e stabili con entrambi, anche se in tempi diversi.

Assegno di mantenimento e affido condiviso: criteri e proporzioni

Sul piano economico, l’affido condiviso comporta che ciascun genitore contribuisca in proporzione ai propri redditi e al tempo trascorso con il figlio.

Chi guadagna di più o trascorre meno tempo con il minore versa un assegno di mantenimento all’altro genitore, per assicurare al figlio uno standard di vita analogo a quello precedente alla separazione.

L’obiettivo è tutelare il bambino da squilibri economici tra le due abitazioni.

L’assegno copre le spese ordinarie, mentre le spese straordinarie (mediche, scolastiche, sportive, universitarie) vengono solitamente divise al 50%.

L’obbligo continua anche per i figli maggiorenni finché non raggiungono una reale autonomia economica.

La revisione dell’importo può essere richiesta solo in caso di mutamento oggettivo delle condizioni economiche o personali, sempre nell’ottica dell’interesse del minore, mai come “regolamento di conti” tra ex coniugi.

Affidamento esclusivo: i casi eccezionali e le modifiche possibili

L’affido esclusivo è oggi un’eccezione.

Può essere disposto solo quando la partecipazione di un genitore risulta dannosa per il minore, come nei casi di violenza domestica, abuso, dipendenza da sostanze o gravi disturbi psicologici.

La norma di riferimento, l’articolo 337-quater c.c., consente al giudice di attribuire l’esercizio esclusivo della responsabilità genitoriale all’altro genitore, purché motivi dettagliatamente le ragioni.

Anche in questi casi, tuttavia, il genitore escluso mantiene – se possibile – il diritto di visita o di contatti controllati.

L’affidamento può inoltre essere modificato nel tempo: se migliorano le condizioni personali o la collaborazione, ciascun genitore può chiedere al tribunale una revisione delle modalità.

L’assistenza di un avvocato esperto è fondamentale per valutare le prove e predisporre un’istanza coerente con l’interesse del minore.

Conclusioni

L’affido condiviso rappresenta oggi la regola nel diritto di famiglia italiano, ma la sua attuazione concreta richiede equilibrio, collaborazione e flessibilità.

Non esistono modelli rigidi: ogni famiglia è un caso a sé, e il giudice deve trovare soluzioni compatibili con le esigenze del bambino e le possibilità dei genitori.

La giurisprudenza più recente ha chiarito che il vero obiettivo non è dividere il tempo in modo uguale, ma garantire tempo di valore e relazioni sane con entrambi i genitori.

Per affrontare con consapevolezza questioni di affido, collocamento o modifiche delle condizioni, è sempre consigliabile affidarsi a un avvocato specializzato in diritto di famiglia, in grado di orientare le scelte nel rispetto del superiore interesse del minore.

FAQ su affido condiviso, congiunto e paritario

1. L’affido condiviso e l’affido congiunto sono la stessa cosa?

Oggi sì, nella sostanza. Il termine “affido congiunto” era utilizzato prima della riforma del 2006, ma con la legge n. 54 si è passati alla nozione di “affidamento condiviso”, che è la regola attuale. In pratica entrambi i genitori restano titolari della responsabilità genitoriale, anche se il figlio vive prevalentemente con uno dei due.

2. L’affido condiviso significa che il figlio sta metà del tempo con ciascun genitore?

No. L’affido condiviso riguarda la responsabilità genitoriale, non la quantità di tempo. Il giudice può stabilire tempi diversi per ragioni pratiche o legate all’interesse del minore. Solo quando le condizioni lo permettono si può parlare di affido paritario, cioè una suddivisione 50/50 del tempo.

3. Quando il giudice sceglie l’affidamento esclusivo?

L’affidamento esclusivo è previsto solo in casi eccezionali: quando uno dei genitori non è in grado di occuparsi del figlio, oppure la sua presenza risulta dannosa per l’equilibrio psicologico o la sicurezza del minore. Può riguardare, ad esempio, situazioni di violenza, dipendenza, grave trascuratezza o conflitto distruttivo.

4. Se i genitori litigano spesso, è possibile mantenere l’affido condiviso?

Sì, nella maggior parte dei casi. La conflittualità non è sufficiente per escludere l’affidamento condiviso, a meno che non renda impossibile la cooperazione o non crei un clima nocivo per il minore. Ciò che conta è la capacità di entrambi di mantenere una linea educativa coerente.

5. Come viene calcolato l’assegno di mantenimento nell’affido condiviso?

L’importo si stabilisce tenendo conto dei redditi, del tempo di permanenza del figlio con ciascun genitore e del suo tenore di vita precedente alla separazione. Le spese ordinarie rientrano nell’assegno mensile, mentre quelle straordinarie (mediche, scolastiche, sportive) vengono solitamente suddivise al 50%.

6. L’affido paritario è un diritto dei genitori?

No. Non esiste un diritto automatico alla divisione esatta dei tempi. L’affido paritario è solo una possibilità, che viene applicata quando non crea disagi per il minore e quando le condizioni logistiche (case vicine, orari compatibili) lo consentono. L’interesse del figlio prevale sempre sulle pretese di parità dei genitori.

7. È possibile chiedere la modifica delle condizioni di affido dopo la separazione?

Sì. Se cambiano le circostanze – ad esempio un trasferimento, un nuovo lavoro, o un miglioramento delle condizioni personali – ciascun genitore può chiedere la revisione delle modalità di affidamento. La domanda va presentata al tribunale, che decide se la modifica è nell’interesse del minore.

8. Le regole dell’affido condiviso valgono anche per le coppie non sposate?

Assolutamente sì. La legge equipara i figli nati fuori dal matrimonio a quelli nati da coppie sposate. Il principio di bigenitorialità vale per tutti, indipendentemente dallo stato civile dei genitori, purché entrambi siano riconosciuti come tali.