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Indennità di occupazione della casa coniugale in comproprietà

9 dicembre 2024

In questo articolo approfondiamo i casi in cui è possibile richiedere l’indennità di occupazione della casa coniugale in comproprietà, analizzando i diritti dei comproprietari, i criteri per il calcolo e la durata del diritto. Scopri come la separazione o il divorzio influenzano l’utilizzo dell’immobile comune e quando è necessario richiedere formalmente il risarcimento per l’uso esclusivo della casa da parte di uno dei coniugi.

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L'assegnazione della casa coniugale in caso di separazione o divorzio

In caso di separazione o divorzio, il legislatore ha previsto specifiche tutele per i figli minorenni o non economicamente autosufficienti. Tra queste, rientra la possibilità per il giudice di assegnare la casa coniugale al coniuge presso il quale i figli hanno la collocazione prevalente. Questa misura mira a garantire la stabilità dell'ambiente familiare per i figli, preservando il loro benessere psicologico e la continuità delle abitudini di vita. Al contrario, in assenza di figli, il giudice non dispone del potere di assegnare la casa coniugale a uno dei coniugi, poiché tale misura è strettamente collegata alla tutela degli interessi dei figli. In tali circostanze, la casa coniugale rientra nella disponibilità del proprietario o viene gestita secondo gli accordi patrimoniali tra le parti, oppure, in mancanza di accordo, secondo le regole della comunione o della comproprietà.

La gestione della casa coniugale in assenza di figli

Quando non vi sono figli, la casa coniugale non può essere oggetto di assegnazione da parte del giudice. Se l’immobile è di proprietà esclusiva di uno dei coniugi, sarà quest’ultimo a decidere come disporne, potendo, ad esempio, continuare ad abitarvi, venderla o affittarla. Diversa è la situazione in caso di comproprietà: in tal caso, le decisioni sull’utilizzo dell’immobile – come la vendita o la locazione a terzi – richiedono il consenso di entrambi i coniugi. In assenza di un accordo, si renderà necessario avviare un giudizio di divisione.

Qualora l’immobile non sia divisibile materialmente, verrà effettuata una valutazione economica. Se uno dei due coniugi decide di acquistare la quota dell’altro, diventerà proprietario esclusivo della casa, previa corresponsione del valore concordato o stabilito dal giudice. Se, invece, nessuno dei due è disposto ad acquistare la quota dell’altro, l’immobile verrà messo in vendita tramite asta giudiziaria. Il ricavato sarà poi suddiviso tra i coniugi, al netto di eventuali mutui ancora in essere, il cui saldo sarà prioritario rispetto alla divisione del residuo valore.

Quando si applica l'indennità di occupazione per un immobile in comproprietà

L'indennità di occupazione è dovuta quando un comproprietario utilizza in via esclusiva un immobile in comunione, impedendo di fatto agli altri comproprietari di esercitare il loro diritto al godimento del bene. In ambito familiare, ciò può verificarsi quando, a seguito di una separazione o di un divorzio nella quale non si possa provvedere alla assegnazione, uno dei coniugi continui a vivere nella casa coniugale, che risulta però in comproprietà tra le parti.

Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, il diritto all'indennità sorge solo nel momento in cui il comproprietario escluso dal godimento manifesti esplicitamente la volontà di esercitare il proprio diritto sull'immobile, cessando ogni eventuale acquiescenza all'uso esclusivo altrui. Tale manifestazione può avvenire in forme diverse, come una richiesta formale o l'avvio di un procedimento giudiziario.

Vi è, infatti, da considerare che il bene comune di norma possa essere utilizzato anche da i più proprietari con modalità condivise.

Come regola generale, il comproprietario di un bene ha diritto a godere dell'immobile in misura proporzionale alla propria quota di comproprietà, secondo quanto previsto dall'art. 1102 del Codice Civile. Tale diritto si esercita in modo che non ne venga impedito l’uso agli altri comproprietari. In caso di utilizzo esclusivo da parte di uno dei comproprietari, non è automatico il diritto a richiedere un’indennità di occupazione: prima di ciò, devono essere valutate soluzioni alternative che consentano il godimento simultaneo o turnario del bene comune.

La possibilità di un uso condiviso può includere, ad esempio, l'accordo per una suddivisione temporanea degli spazi o un utilizzo alternato dell'immobile. L'indennità di occupazione diventa esigibile solo quando non è possibile una gestione congiunta e uno dei comproprietari manifesta esplicitamente la volontà di esercitare il proprio diritto al godimento, cessando ogni forma di tolleranza rispetto all'uso esclusivo da parte dell’altro. Questo approccio garantisce un equilibrio tra i diritti di tutti i comproprietari e mira a evitare che il conflitto tra le parti si traduca immediatamente in una richiesta risarcitoria.

L'impraticabilità dell'uso condiviso della casa coniugale in comproprietà in caso di separazione

In caso di separazione, è generalmente difficile immaginare un utilizzo condiviso della casa coniugale da parte di entrambi i coniugi. La crisi della relazione coniugale, che porta inevitabilmente alla cessazione della convivenza, rende impraticabile ogni forma di godimento diretto comune, anche se organizzato su base turnaria. La fine del rapporto matrimoniale comporta infatti una rottura dei rapporti personali tale da rendere impossibile una coabitazione o un’alternanza nell’uso del bene che sia serena ed efficace.

In questo contesto, la richiesta di indennità di occupazione da parte del coniuge escluso dall'uso della casa coniugale può trovare giustificazione nella necessità di compensare il mancato godimento di un bene comune, quando l'altro coniuge ne faccia un uso esclusivo. Tale misura riflette non solo la situazione di fatto che si determina con la separazione, ma anche l'impossibilità di trovare soluzioni praticabili di uso condiviso o turnario del bene.

La necessità di una richiesta o opposizione per il diritto all’indennità di occupazione del comproprietario

Come evidenziato nella sentenza allegata, affinché il coniuge escluso dal godimento della casa coniugale possa richiedere un’indennità di occupazione, è essenziale che vi sia una chiara manifestazione della volontà di esercitare il proprio diritto al godimento del bene comune. Questa richiesta deve essere inequivocabile e può avvenire attraverso un atto formale, come una diffida, o tramite una domanda giudiziale.

La sentenza sottolinea che, fino a quando il comproprietario escluso non esprima esplicitamente la propria opposizione all'uso esclusivo altrui, tale comportamento può essere interpretato come una forma di tolleranza o acquiescenza. Pertanto, l’indennità non è automaticamente dovuta per il semplice fatto che un coniuge utilizzi il bene in via esclusiva; essa decorre solo dal momento in cui il coniuge escluso abbia richiesto di partecipare al godimento o abbia contestato l’utilizzo esclusivo altrui.

L’oggetto della richiesta deve essere chiaro e può riguardare il riconoscimento del diritto al godimento del bene comune, anche mediante soluzioni alternative come la corresponsione di una somma proporzionata al valore locativo del bene stesso. In mancanza di una manifestazione di volontà da parte del comproprietario escluso, il suo diritto risarcitorio non può essere considerato attuale​.

Determinazione dell’indennità di occupazione dell’immobile in comproprietà: il danno figurativo e i criteri di calcolo

L’indennità di occupazione si configura come un risarcimento per il danno figurativo subito dal comproprietario escluso dal godimento del bene comune. Tale danno è generalmente calcolato sulla base del valore locativo di mercato dell’immobile, attribuendo al comproprietario escluso una quota proporzionale alla sua percentuale di proprietà, tipicamente pari alla metà del canone ipotetico di locazione.

Il calcolo può essere supportato da una Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU), che valuta il valore locativo del bene utilizzando criteri oggettivi. Tra i parametri di riferimento più comuni vi sono:

Quotazioni dell’Osservatorio del Mercato Immobiliare (OMI): fornendo una stima media basata su zona, tipologia dell’immobile e condizioni di mercato.

Comparazione con altri affitti nella stessa area geografica: si analizzano locazioni di immobili simili per tipologia e caratteristiche.

Valutazione specifica dell’immobile: si considerano le peculiarità dell’immobile, come dimensioni, posizione, stato di manutenzione, vetustà e caratteristiche di efficienza energetica.

La stima deve essere personalizzata in base alle circostanze del caso concreto, considerando non solo i dati oggettivi di mercato ma anche eventuali condizioni particolari che possano incidere sul valore del bene. Questo approccio garantisce una valutazione equa e adeguata dell’indennità spettante al comproprietario escluso dal godimento.

Fino a quando è dovuta l’indennità per l’uso esclusivo della casa

Il diritto all’indennità di occupazione sorge dal momento in cui il comproprietario escluso manifesta formalmente la volontà di esercitare il proprio diritto al godimento del bene comune e si oppone all’uso esclusivo da parte dell’altro comproprietario. Da quel momento, l’indennità è dovuta fino al cessare della situazione di godimento esclusivo, che può verificarsi, ad esempio, con:

Il rilascio dell’immobile da parte del comproprietario che lo occupa in via esclusiva.

La vendita o divisione del bene comune, che determina la fine della comunione.

Un accordo tra le parti che regoli diversamente l’utilizzo o il risarcimento.

È importante sottolineare che l’indennità non può essere retroattiva rispetto alla manifestazione di volontà del comproprietario escluso. In altre parole, il periodo precedente alla richiesta formale di godimento o opposizione non genera diritto all’indennizzo, in quanto tale periodo può essere considerato come accettazione tacita dell’uso esclusivo da parte dell’altro comproprietario.

La giurisprudenza evidenzia che la durata del diritto è strettamente legata alla persistenza dell’impedimento del godimento da parte del comproprietario escluso e alla mancata risoluzione della comunione.