Che cosa è l’assegno di mantenimento dovuto al coniuge o ai figli?
Il mantenimento dovuto al coniuge o ai figli rappresenta una delle tematiche più delicate e significative nel contesto del diritto di famiglia. Questo obbligo nasce all'interno delle relazioni familiari come misura volta a garantire il sostegno economico dei membri della famiglia che si trovano in una situazione di bisogno a seguito della cessazione della convivenza o del matrimonio.
Per quanto riguarda il mantenimento dovuto al coniuge, questo si configura quando, a seguito della separazione o del divorzio, uno dei due ex coniugi si trova in una condizione economica sfavorevole rispetto all’altro e non è in grado di provvedere autonomamente al proprio sostentamento. La determinazione dell'assegno di mantenimento tiene conto di vari fattori, quali le condizioni economiche e personali dei coniugi, la durata del matrimonio, la contribuzione alla conduzione familiare ed eventuali accordi preesistenti.
Per quanto concerne i figli, il principio cardine è quello dell'interesse superiore del minore. Entrambi i genitori sono tenuti a contribuire al mantenimento dei figli in proporzione alle proprie capacità economiche e secondo le necessità dei figli stessi. L'obbligo di mantenimento persiste fino alla maggiore età del figlio o oltre, qualora questi non sia economicamente autosufficiente per motivi oggettivi.
Che cosa è la rivalutazione monetaria e con quali indici si calcola (ISTAT)?
La rivalutazione monetaria è un meccanismo attraverso il quale si aggiusta il valore di una somma di denaro in funzione delle variazioni del potere d'acquisto della moneta, dovute principalmente all'inflazione. Nel contesto degli assegni di mantenimento, questa pratica è particolarmente significativa poiché assicura che l'importo versato mantenga nel tempo il suo valore reale, permettendo così al beneficiario di far fronte in modo adeguato alle proprie necessità economiche.
La rivalutazione degli assegni di mantenimento si basa sull'applicazione di specifici indici che misurano l'andamento dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, noti come ISTAT (Istituto Nazionale di Statistica). Questi indici sono pubblicati periodicamente dall'ISTAT e servono a riflettere le variazioni del costo della vita, permettendo così di aggiornare l'importo dell'assegno in modo che conservi il suo valore effettivo nel tempo.
Il calcolo della rivalutazione si effettua applicando la percentuale di variazione registrata dall'indice scelto all'importo originario dell'assegno. Per esempio, se l'indice segnala un aumento del costo della vita del 2% e l'assegno originario era di 1000 euro, l'importo rivalutato sarà pari a 1020 euro. Questa operazione viene generalmente ripetuta ogni anno, sebbene possano esserci specifiche disposizioni legali o accordi tra le parti che stabiliscono diversamente.
È importante notare che la legge prevede la possibilità di richiedere una revisione dell'assegno di mantenimento non solo in base alla variazione degli indici ISTAT ma anche in presenza di cambiamenti significativi nelle condizioni economiche delle parti interessate. Ciò significa che sia il debitore che il creditore possono avanzare richiesta di modifica dell'importo dell'assegno in caso di mutamenti sostanziali nelle loro capacità economiche.
In sintesi, la rivalutazione monetaria degli assegni di mantenimento rappresenta uno strumento essenziale per garantire equità e adeguamento alle mutevoli condizioni economiche, basandosi su criteri oggettivi quali gli indici ISTAT.
È prevista la rivalutazione dell'assegno di mantenimento?
In Italia, la questione della rivalutazione dell'assegno di mantenimento assume una rilevanza significativa nell'ambito del diritto di famiglia.
La legge italiana, attraverso l'articolo 5, comma 7, della legge 1 dicembre 1970 n. 898, successivamente modificato dall'articolo 10 della legge 6 marzo 1987 n. 74, ha introdotto l'obbligatorietà della rivalutazione dell'assegno di mantenimento determinato in sede di divorzio, sia per il coniuge che per i figli. Tale misura si prefigge di adeguare l'assegno alle variazioni del costo della vita, garantendo così un sostentamento adeguato nel tempo. Sebbene non vi sia una disposizione specifica per gli assegni di mantenimento stabiliti in sede di separazione, la Corte di Cassazione ha esteso, per analogia, questa previsione anche a tali assegni, riconoscendo la necessità di una loro adeguata rivalutazione secondo gli indici ISTAT.
L'assegno di mantenimento è una somma stabilita dal giudice che uno dei coniugi, a seguito di separazione o divorzio, deve versare all'altro per contribuire al suo mantenimento quando non sia in grado di provvedere autonomamente alle proprie necessità.
La rivalutazione periodica dell’assegno è fondamentale per preservare il potere d'acquisto dell'assegno stesso nel tempo. Questo aggiustamento si basa sull’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, che viene pubblicato annualmente. La legge stabilisce quindi che il giudice, nel momento in cui determina l’importo dell’assegno, possa includere una clausola di automatica rivalutazione annuale basata su tale indice.
Cosa accade se non è prevista la rivalutazione ISTAT?
Nel contesto giuridico italiano, come visto, la rivalutazione dell'assegno di mantenimento è obbligatoria.
Tuttavia, può sorgere un'ipotesi in cui né il giudice né le parti hanno espresso una volontà specifica riguardo alla rivalutazione dell'assegno di mantenimento durante il processo di divorzio o separazione: magari per semplice dimenticanza.
Ma se manca la previsione che l’assegno previsto deve essere rivalutato, cosa accede?
La prassi giurisprudenziale, interpretando la normativa vigente e i principi di equità, tende a favorire l'aggiornamento dell'assegno in base all'inflazione per garantire che questo continui a soddisfare le esigenze del coniuge e dei figli nel tempo. La Corte di Cassazione ha più volte ribadito che l'adeguamento dell'assegno dovrebbe essere considerato un principio implicito, volto a preservare la funzione assistenziale dell'assegno stesso, anche in assenza di una specifica indicazione.
Pertanto, in assenza di una dichiarazione esplicita delle parti o di un provvedimento giudiziario che escluda la rivalutazione, è ragionevole aspettarsi che l'assegno di mantenimento possa essere soggetto a revisione periodica in funzione dell'inflazione, per evitare che perda il suo potere di acquisto e quindi la sua capacità di garantire un adeguato sostegno economico. Questo approccio si fonda sul principio di protezione del benessere economico del coniuge e dei figli, assicurando che le loro necessità di vita siano soddisfatte in modo equo e continuativo nel tempo.
Pattuizioni particolari sulla rivalutazione dell’assegno di mantenimento per coniuge o figli
Come visto, le parti coinvolte possono decidere di non applicare tale meccanismo di aggiornamento, ma questa scelta deve essere espressamente dichiarata perché, in caso di silenzio, la rivalutazione monetaria è dovuta.
Chiaramente, tale rinuncia non deve compromettere la capacità dell'assegno di garantire il necessario sostegno economico al coniuge e ai figli.
Ciò potrebbe derivare da una esclusione assoluta della rivalutazione destinata a durare per molti anni: anche solo il 2% annuo per 20 anni (ipoteticamente la durata di un mantenimento a un figlio piccolo) porta a una variazione molto consistente.
Ma, invece, entro certi limiti, è ammissibile una pattuizione che limita la rivalutazione per qualche tempo.
In alcuni casi, ad esempio, nell’accordo di separazione e divorzio, si prevede un assegno con la previsione che lo stesso non si rivaluti per alcuni anni, partendo la rivalutazione stessa da una certa data lontana nel tempo: la rivalutazione decorre dopo tre o quattro o cinque anni dalla separazione, in luogo di un anno in genere previsto.
Questo può essere utile per avvicinare le parti: chi chiede una somma maggiore per l’assegno viene accontentata, ma l’altra parte nel tempo recupera parte dell’importo.
Oppure si potrebbero ipotizzare delle previsioni di rivalutazione con dei tetti: ad esempio, si può prevedere la rivalutazione dell’assegno ma con una rivalutazione annua non superiore a una certa percentuale (ad esempio al massimo il 3%).
Come calcolare l’ISTAT e il relativo aggiornamento della somma
In Italia, la determinazione e la successiva rivalutazione dell'assegno di mantenimento sono questioni di vitale importanza sia per il beneficiario che per il soggetto obbligato al pagamento.
La rivalutazione periodica dell'assegno di mantenimento è un meccanismo giuridico pensato per preservare il potere d'acquisto del beneficiario rispetto all'inflazione, garantendo così che l'importo versato mantenga nel tempo il suo valore economico reale. Uno strumento comunemente utilizzato per calcolare questa rivalutazione è l'indice ISTAT, acronimo di Istituto Nazionale di Statistica, che misura l'inflazione media annua.
Per calcolare la rivalutazione dell'assegno di mantenimento attraverso l'ISTAT, occorre seguire alcuni passaggi precisi.
In primo luogo, è necessario individuare il tasso di inflazione annuale comunicato dall'ISTAT relativo all'anno per cui si intende aggiornare l'assegno. Questo dato è pubblicamente disponibile sul sito web dell'Istituto o attraverso i suoi bollettini mensili.
Successivamente, bisogna applicare il seguente calcolo matematico: si prende l'importo corrente dell'assegno di mantenimento e lo si moltiplica per il tasso di inflazione ISTAT (espresso in percentuale). Il risultato ottenuto sarà l'aumento in termini assoluti da aggiungere all'importo originale dell'assegno per ottenere la cifra aggiornata.
Per esempio, se l’assegno di mantenimento ammonta a 500 euro e l’inflazione ISTAT annuale è del 2%, l’aumento sarà calcolato come segue: 500 euro * 2% = 10 euro. Pertanto, l’assegno rivalutato sarà di 510 euro.
Per il calcolo esistono comodi strumenti on line che consentono di quantificare l’assegno rivalutato, anche per più anni. Ad esempio, possiamo consigliare quello presente su questo sito: https://www.avvocatoandreani.it/servizi/interessi_rivalutazione.php
È fondamentale ricordare che la rivalutazione dovrebbe essere effettuata ogni anno alla stessa data o in conformità a quanto stabilito dal giudice nella sentenza o nell'accordo tra le parti. Dunque, di anno in anno la rivalutazione andrà calcolata sull’assegno già rivalutato negli anni precedenti.
Ove il rapporto tra i coniugi non sia fluido, potrebbe essere utile comunicare tale maggiorazione tramite raccomandata ar o pec per avere certezza sulla ricezione della richiesta.
Assegno di mantenimento e prescrizione della rivalutazione
La rivalutazione dell'assegno di mantenimento rappresenta una tematica di notevole rilievo nel contesto del diritto di famiglia italiano, soprattutto in seguito a separazioni o divorzi. L'assegno di mantenimento è una prestazione economica stabilita dal giudice, volta a garantire il sostentamento del coniuge e/o dei figli che non possono provvedere autonomamente al proprio mantenimento. La questione della rivalutazione si pone quando, nel tempo, variazioni economiche influenzano il potere d'acquisto e, di conseguenza, la capacità dell'assegno di mantenere il tenore di vita a cui il beneficiario aveva diritto al momento della separazione o del divorzio.
In Italia, la legge prevede che l'importo degli assegni di mantenimento possa essere aggiornato in base all'andamento del costo della vita, indicizzato secondo gli ISTAT o altri parametri concordati tra le parti. Tuttavia, sorge spesso la questione legata alla prescrizione della rivalutazione dell'assegno perché ad esempio un coniuge non ha richiesto la maggiorazione per molti anni e poi, a distanza di tempo, vuole chiedere non solo la maggiorazione alla data attuale ma anche tutti gli arretrati.
La prescrizione rappresenta il termine entro cui un diritto deve essere esercitato prima che venga meno la possibilità di farlo valere giudizialmente. Nella specificità degli assegni di mantenimento, ciò implica che eventuali richieste di adeguamento per periodi passati debbano essere presentate entro un certo lasso di tempo.
Secondo il codice civile italiano, le rate degli assegni di mantenimento sono soggette a prescrizione quinquennale.
Ciò significa che il beneficiario ha un periodo massimo di cinque anni dalla data in cui l'adeguamento sarebbe dovuto intervenire per richiedere gli arretrati non pagati legati al mancato pagamento della somma che avrebbe dovuto essere pagata a seguito di rivalutazione retroattiva. Superato tale termine, non sarà più possibile reclamare la differenza non percepita a causa della mancata rivalutazione.
La prescrizione non influisce però il diritto attuale ad avere il pagamento di un assegno rivalutato. Se la parte non ha chiesto la rivalutazione ad esempio per dieci anni, può oggi pretendere il pagamento dell’assegno di mantenimento rivalutato per tutti i dieci anni. Quello che al più si prescrive, è il diritto al pagamento delle differenze sugli arretrati.